LA VERONICA E IL VOLTO SANTO DI MANOPPELLO
Leggenda o storia?
Ciò che in oriente chiamavano "icone acheropìte" (cioè immagini non fatte da mano d’uomo) in riferimento a Cristo, in occidente si chiamarono "veroniche", una parola metà latina e metà greca
(vera + eicón = vera immagine). Questo nome è stato poi attribuito anche a quella donna (anonima) che con il suo velo ha voluto ripulire il volto di Cristo imbrattato di sangue. Era leggenda o
storia?
Di fatto nell’antichità si è sempre parlato di un velo con impresso il volto acheropìto (cioè non dipinto) di Cristo, un velo molto famoso in oriente; era a Costantinopoli dal 574 (proveniente da
Kamulia, Cappadocia) fino al 707, quando scomparve per ritrovarsi a Roma, in Laterano (Scala Santa) dal 707 fino al 1292 e poi nella basilica di s. Pietro fino al 1606 anno in cui sicuramente ne
viene registrata la scomparsa misteriosa e definitiva.
C’è chi (il card. Salviati) ne lamenta la distruzione durante il sacco di Roma del 1527; chi poi (come l’archivista Grimaldi) registra, nel suo inventario d’archivio, il telaio a due vetri
(fronte e retro) della veronica vuoto e con un vetro rotto come si può constatare anche adesso. Due vetri perchè il volto doveva essere ugualmente visibile sia davanti che dietro e quindi non
aveva propriamente un diritto e un rovescio. I due lati infatti hanno la stessa intensistà luminosa.
Dopo la sua scomparsa sembra che nessuno si sia interessato a fare ricerche. La curia papale non ne ha mai denunciato nè il furto nè la sparizione o comunque reclamato la restituzione.
Però a Manoppello (Pesaro) nell’Abruzzo è comparso nel 1608 un volto di Cristo particolarmente affascinante. Ceduto ai Cappuccini, fu costruito appositamente un santuario intitolato al Santo
Volto, ma nessuno in passato l’ha mai collegato con la veronica di s. Pietro. Il primo che ha fatto tale ipotesi e ha pubblicato, in tedesco, uno studio accurato è H. Pfeiffer, professore
all’Università Gregoriana di Roma. Ora a Manoppello c’è in merito una mostra permanente da lui stesso curata.
Se mai è esistita una veronica non dipinta, come vuole la tradizione, questa non può essere che il Santo Volto di Manoppello, che è appunto su un velo sottile di donna ed è non dipinto e non
stampato.
Il volto è di una espressione unica, non riconducibile all’arte: lo sguardo alto e leggermente obliquo non ti fissa ma sembra guardare lontano, implorante; la bocca è semiaperta e dice sconcerto,
amarezza, solitudine. Il viso tumefatto testimonia maltrattamenti brutali. Il naso è largo e disassato come quello della Sindone. La ciocca di capelli alla bipartizione della capigliatura è
quella caratteristica della maggior parte delle icone e in certo qual modo sembra ripetersi a lato delle labbra.
L’immagine (17,5x24, visibile dai due lati, fronte e retro) è tenue e trasparente, come fosse una diapositiva, su tela però. A volte scompare permettendo di vedere ad es. il volto del visitatore
o altri oggetti illuminati come i personaggi delle vetrate dell’abside. Fa corpo unico col tessuto ed è costituita dalla variazione di un unico colore, il rosso (almeno in certe condizioni di
luce).
La trasparenza esclude nel modo più assoluto la presenza di pittura sovrimposta al tessuto. Ogni filo varia la sua colorazione indipendentemente ma armonicamente con gli altri. Non so se si
riesca a confezionare un telo simile in una fabbrica altamente computerizzata. E cosa ancor più sconcertante, l’immagine si sovrappone perfettamente con quella sindonica di cui riporta le stesse
ferite ma non quelle provocate dalle spine. La guancia sinistra è molto gonfia e deformata (particolare questo non visibile nella Sindone che in quel punto è coperta dall’impronta del sudario
"che stava attorno alla testa di lui" (Gv 20,7).
È veramente un’immagine mozzafiato: "or fu sì fatta la sembianza vostra?" Ogni riproduzione fotografica è una gran delusione: le caratteristiche fondamentali sono percepibili solo nell’originale.
Ha origine e storia indipendente dalla Sindone.
Forse ciò che si riteneva leggenda è un fatto incredibilmente storico.