LA RICERCA SCIENTIFICA SULLA SINDONE
Di Bruno Barberis • Professore di Fisica Matematica all'Università di Torino e Direttore del Centro Internazionale di Sindonologia
l. la Sindone: un nome antico che ha origini greche e che significava <<tela». Oggi per tutto il mondo <da Sindone» non è un tela qualunque ma quello che da oltre quattro secoli è conservatone! Duomo di Torino. Secondo la tradizione la Sindone di Torino è il lenzuolo funerario nel quale fu awolto il corpo di Gesù dopo la deposizione dalla croce. Ciò corrisponde al racconto dei Vangeli, secondo i quali Giuseppe di Arimatea compose il corpo di Gesù nel sepolcro dopo averlo awolto in una sindone. Tale tradizione non è in contraddizione con quanto si sa delle vicende storiche della Sindone, anche se la sua storia è assolutamente certa e documentata solo a partire dalla metà del XIV secolo. La Sindone è un tela di lino sul quale si vedono tracce di vari tipi: buchi, bruciature, macchie d'acqua, gocce di cera, ma soprattutto la doppia impronta di un corpo umano di colore ocra, costellata da macchie di colore rosso carminio. 2 .la ricerca scientifica sulla Sin do ne La Sindone di Torino è certamente uno degli <<oggetti» sacri più studiati, in particolare in questi ultimi cento anni. Gli studi e le ricerche sulla Sindone sono caratterizzati da un'ampia multidisciplinarietà. Si è addirittura creato un termine per indicare l'insieme di tutte le branche del sapere che hanno qualcosa da dire sulla Sindone: la <<sindonologia». L'evento che ha segnato l'inizio della moderna ricerca scientifica sulla Sindone è stata la sua prima fotografia scattata da Secondo Pia nel1898 che non solo rivelò la negatività dell'impronta sindonica,ma ne permise uno studio dettagliato ed analitico. La storia della ricerca scientifica sulla Sindone può essere suddivisa in quattro periodi: fino al1898, dal1898 al 1950, dal1950 al 1978 e dal1978 fino ad oggi.
3.Primadell898 Il primo periodo, owero quello che precede la fotografia di Secondo Pia, è ovviamente quello più povero di studi e ricerche propriamente scientifici. Vi sono però alcune opere che, owiamente entro limiti legati alle conoscenze scientifiche delle epoche in cui sono state scritte, presentano studi dettagliati dell'immagine sindonica. Un esempio significativo è quello del testo di Alfonso Paleotti, pubblicato a Bologna nel 1598, che analizza con acume e precisione le caratteristiche anatomiche dell'immagine sindonica, intuendo alcuni risultati che saranno stabiliti definitivamente solo dopo la fotografia del 1898
4. Dal1898 al1950
È il 28 maggio 1898 quando l'awocato torinese Secondo Pia scatta la prima fotografia ufficiale della Sindone. Qyella sera, quando nella camera oscura sviluppò la lastra fotografica (una lastra di vetro di notevoli dimensioni: cm 50x60), non poteva immaginare che quella sarebbe diventata la fotografia più famosa e conosciuta al mondo, perché consentì di scoprire un fatto sorprendente: l'impronta sindonica si comporta come un negativo fotografico naturale. In altre parole, l'immagine visibile sulla Sindone (ad eccezione delle macchie ematiche e delle impronte delle ferite) presenta una distribu
zione di luminosità che è esattamente opposta a quella che percepiamo nella realtà e pertanto si comporta come un negativo fotografico; il negativo fotografico dell'impronta sindonica presenta pertanto il vero aspetto dell'uomo della Sinclone come potremo osservar! o se si trovasse di fronte a noi. La possibilità, grazie alla fotografia, di uno studio continuativo consentì finalmente un esame dettagliato dell'immagine. l medici legali (tra i quali i più noti sono il francese Pierre Barbet, il ceco RudolfHynek e l'italiano Giovanni Judica Cordiglia) effettuarono una lettura <<topografica » delle immagini sindoniche, esaminando le diverse regioni anatomiche e mettendo in evidenza le numerosissime ferite presenti sul corpo dell'uomo della Sindone. I loro studi consentirono di provare che la doppia impronta (frontale e dorsale) impressa sulla Sindone presenta caratteristiche che dal punto di vista dell'anatomia coincidono perfettamente con quelle del corpo di un uomo adulto che ha subito una serie di pesanti torture: è stato percosso in volto; gli è stato posto sul capo un casco fatto di aculei; è stato flagellato su tutto il dorso; ha portato sulle spalle una trave pesante; è stato crocifisso con tre chiodi; è morto sulla croce per asfissia; dopo la morte è stato ferito al torace con una lama;
- il suo cadavere è stato avvolto in un te! o senza essere preventivamente lavato; - è rimasto nel te! o solo per qualche decina di ore poiché sul te lo non vi è traccia di decomposizione. Mettendo a confronto la descrizione della passione, morte e sepoltura di Gesù riportate nei vangeli con le suddette caratteristiche dell'impronta sindonica si nota una perfetta coincidenza di molti particolari che giustifica ampiamente la tradizione secolare che ha da sempre identificato la Sindone di Torino con il lenzuolo funebre in cui fu avvolto il corpo di Gesù dopo la sua morte. Contemporaneamente si aprì un altro importante e fondamentale capitolo di studi: quello relativo alle modalità di formazione dell'immagine. Si cercò cioè di capire attraverso quale procedimento naturale un cadavere può lasciare su un lenzuolo una traccia con caratteristiche simili a quella visibile sulla Sindone. I primi ad occuparsene furono, all'inizio del secolo XX, i francesi YvesDelage, Pau! Vignon e René Colson. Ed è appunto a Vìgnon che si deve la prima teoria, quella detta <<vaporigrafica>,, che ipotizza nella reazione chimi
ca tra vapori cadaverici ammoniacali e l'aloe e la mirra presenti sul lenzuolo la causa della formazione dell'immagine sul telo. Intorno agli anni Qyaranta dello scorso secolo altri due medici legali, Giovanni Judica Cordiglia e Ruggero Romanese, rielaborarono la teoria vaporigrafica di Vignon modificandola in parte e ottenendo discreti risultati sperimentali. Le numerose ipotesi proposte non condussero però in nessun caso a risultati sperimentali veramente soddisfacenti, cioè strettamente comparabili con l'immagine della Sindone. Nel1931, in occasione della prima estensione del XX secolo, il fotografo torinese Giuseppe Enrie scattò nuove fotografie della Sindone su lastre ortocromatiche.
5. Dal1950 al1978 In questo periodo gli studi e le ricerche sulla Sindone presero ulteriormente piede e iniziarono a sorgere in diverse parti del mondo centri e gruppi di ricerca che radunano studiosi specialisti in discipline diverse tra loro e interessati agli studi sulla Sindone. Tra di essi svolge un ruolo di particolare rilievo il <<Centro Internazionale di Sindonologia», fondato a Torino nel 1959 dal Cardinal Ma uri li o Fossati. Nel1969 l'arcivescovo di Torino, Cardinal Michele Pellegrino, nominò una commissione di esperti che eseguì accertamenti diretti il16-18 giugno 1969 e ulteriori accertamenti e prelievi di campioni di tessuto il 24 novembre 1973. I risultati dei lavori della commissione vennero pubblicati nel1976. L'analisi merceologica del tessuto non consentì di giungere ad affermazioni assolute ma permise di affermare che il tessuto può avere un'età dell'ordine dei due millenni. Uno dei membri della commissione affermò di poter escludere che l'immagine sia un dipinto, ma di ritenere che sia comunque opera di un artista del quattrocento di eccezionale valore. Le indagini ematologiche infine non furono in grado di evidenziare con certezza tracce di sangue. In occasione degli accertamenti del 1969 la Sindone venne fotografata perla prima volta a colori da Giovanni Battista Judica Cordiglia. Infine in occasione dell'estensione televisiva del 23 novembre 1973 il biologo e criminologo svizzero Max Frei Sulzer prelevò, mediante l'applicazione di nastri adesivi, alcuni campioni di microtracce presenti sul lenzuolo, rinvenendo granuli di polline di piante fiorifere, la cui identificazione, da lui effettuata negli anni successivi, gli consentì di ritenere altamente probabile la permanenza prolungata della Sindone, oltre che in Europa, anche nelle regioni palestinese ed anatolica, a causa del ritrovamento di pollini provenienti da specie caratteristiche di tali zone. Nel 1977 alcuni scienziati statunitensi (tra i quali John Jackson e Eri c Jumper) sottoposero ad elaborazione elettronica l'immagine della Sindone, scoprendo che essa contiene in sé ca
ratteristiche tridimensionali non possedute né da dipinti né da normali fotografie. Nel1978 il torinese Giovanni Tamburelli ottenne, indipendentemente, immagini tridimensionali ad alta definizione tali da mettere in evidenza numerosi particolari altrimenti non visibili, come, ad esempio, le tracce sulla palpebra destra (già intraviste sul negativo fotografico da Francis Filas nel1954) lasciate da un oggetto probabilmente identificabile, in base alla presenza di tracce di caratteri alfabetici, con una moneta romana coniata nella prima metà del primo secolo d.C. Si giunse così all'estensione del 1978, indetta per celebrare il quarto centenario del trasferimento definitivo della Sindone da Chambéry a Torino. Dal 26 agosto all'8 ottobre circa tre milioni di pellegrini arrivarono a Torino per venerare la Sindone e durante tale periodo si svolse, sempre a Torino, un importante congresso internazionale di studi sulla Sindone.
6.Dal1978adoggi Al termine della suddetta estensione, dall'8 al 13 ottobre 1978 la Sindone venne esaminata da un'équipe internazionale composta da 44 scienziati-tra i quali un nutrito gruppo di ricerca tori statunitensi riuniti nell'associazione STURP(Shroud ofTurin Research Project)-che effettuò una serie di esami e di prelievi durati 120ore. I risultati di tali esami vennero pubblicati negli anni successivi e costituiscono ancor oggi senza alcun dubbio l'asse portante delle moderne indagini sulla Sindone. Riassumerò tali risultati, unitamente agli studi e alle ricerche più significative di questi ultimi decenni, prendendo in esame i tre principali argomenti di ricerca: il tessuto, l'impronta corporea e le macchie di sangue, e presentando in tal modo una sintesi dei dati scientifici conosciuti allo stato attuale delle ricerche sulla Si ndone.
6.1. Il tessuto La Sindone è un tela di lino di antica fattura lungo circa 4,41 metri e largo circa 1,13 metri. Lungo il lato superiore è stata cucita longitudinalmente in epoca non nota, ma certamente molto antica, una banda costituita dallo stesso tipo di tessuto. La Sindone è stata tessuta con fili di lino intrecciati <<a spina di pesce}). Un'analisi microscopica eseguita su un campione prelevato nel1969 ha mostrato che i fili di lino hanno una torsione di tipo Ze che nel campione esaminato sono sporadicamente presenti tracce di residui di fibre di cotone. Le radiografie effettuate nel 1978 hanno permesso di stimare che il peso del tessuto sindonico è di circa 20 mg/cm2 per un totale di circa un chilogrammo. Sorprendentemente le radiografie non rilevano la figura sindonica mentre risultano ben evidenti i bordi delle macchie dovute all'acqua utilizzata probabilmente nello spegnimento dell'incendio del1532. I ricercatori dello STURP hanno anche scoperto che il tela sindonico è fluorescente, comportamento comune a molti lini di antica fattura. Uno dei problemi più dibattuti da lungo tempo, ma in particolare in questi ultimi decenni, è quello della datazione della Sindone. Già il chimico americano W.E Libby, l'inventore del metodo della radiodatazione (il cosiddetto <<metodo del C14}) ), aveva proposto di effettuare una serie di misure, ma il progetto era sfumato a causa dell'eccessiva quantità di campione da utilizzare, trattandosi di un'analisi distruttiva. Con l'affinamento delle tecnologie di misura e con la conseguente diminuzione della quantità di campione necessaria, nuovi progetti vennero presentati nella seconda metà degli anni Ottanta dello scorso secolo. Alcuni di questi proponevano l'esecuzione concertata di prelievi, di misure di radiodatazione e di tutta una serie di accertamenti in parallelo, atti ad evitare errori e a fornire una conoscenza approfondita e corretta delle caratteristiche chimico-fisiche del tela sindonico. A causa di dissensi fra i vari gruppi, il progetto ad ampio spettro non andò in porto.
Il 21 aprile 1988 fu effettuato un prelievo di un campione di tessuto da un unico sito posto nell'angolo in alto a sinistra del tela sindonico e adiacente a quello del prelievo effettuato nel 1973 da Gilbert Raes. A ciascuno dei tre laboratori incaricati (Oxford, Zurigo e Tucson) fu consegnato un campione di Sindone del peso di circa SO milligrammi. Con il tessuto sindonico furono anche consegnati tre campioni di controllo: un tessuto di lino proveniente dalla Nubia e datato al dodicesimo secolo; un tessuto di lino proveniente da una tomba tebana e radiodatato tra il110 e il75 a.C.; alcuni fili prelevati dal piviale di S. Luigi dl\ngiò risalenti ad un periodocompresofrail1290eill310d.C.Il13 ottobre, in una conferenza stampa, l'arcivescovo di Torino e Custode Pontificio della Sindone, il Cardinal Anastasio Ballestrero,comunicòche, in base ai risultati ottenuti dai tre laboratori, la Sindone risultava radiodatata ad un periodo compreso fra il1260 e il1390 dopo Cristo. Immediatamente si scatenarono proteste e contestazioni sull'intero programma di datazione, alimentato purtroppo da leggerezze, imprudenze e, in alcuni casi, da comportamenti poco corretti. L'accusa più grave sostenne che i campioni analizzati dai laboratori non furono quelli sindonici ma dei reperti medievali posti fraudolentemente in loro luogo. Purtroppo non fu redatto un serio e condiviso verbale di prelievo. Come conseguenza non si conoscono con certezza i pesi dei campioni di tela sindonico consegnati ai tre laboratori. La situazione è stata inoltre ulteriormente ingarbugliata da alcune incaute e contraddittorie comunicazioni rese dai responsabili del prelievo in occasione di alcune conferenze e congressi internazionali. La comunicazione ufficiale dei laboratori di misura, apparsa sulla prestigiosa rivista scientifica Nature nel febbraio 1989, se la cavò con un approssimativo <<~SOmilligrammi}) per ogni campione. Un importante elemento di cautela nell'accettazione acritica dei risultati riguarda l'operazione di prelievo del campione e la carenza di esami multidisciplinari atti ad accertare il tipo e la quantità di sostanze estranee presenti sui campioni esaminati. Inoltre lo spettro infrarosso di un filo di campione sindonico prelevato nell'occasione ma non utilizzato per la misura di radiodatazione, esaminato dal chimico americano Alan Adler, risultò possedere caratteristiche diverse da quelle del tessuto sindonico. La divergenza potrebbe essere dovuta al fatto che la zona del prelievo è stata contaminata dall'acqua usata probabilmente nello spegnimento dell'incendio del 1532.
Infatti durante l'operazione di prelievo fu necessario eliminare una parte del campione per l'evidente presenza di sostanze estranee. Prima delle analisi i laboratori eseguirono cicli di lavaggio sui campioni, ma non risultano effettuate prove analitiche atte ad accertare il grado di disinquinamento ottenuto. Il chimico americano Raymond Rogers sosteneva che un frammento residuo del campione per la radiodatazione da lui esaminato presentava caratteristiche particolari rispetto al complesso del tela sindonico. Secondo i suoi studi risulterebbero evidenze sufficienti per pensare ad un sito sottoposto ad un rammendo invisibile e pertanto la data misurata, corretta da un punto di vista strettamente sperimentale, no~ corrisponderebbe alla vera età della Sindone. E comunque evidente che il prelievo effettuato in un solo sito rischia di fornire dati omogenei fra loro ma non rappresentativi dell'intero oggetto in esame.
Ricerche teoriche e sperimentali effettuate nell'ultimo ventennio hanno ulteriormente riaperto il dibattito scientifico sulla datazione del tessuto, fornendo risultati che sembrano provare che contaminazioni di tipo biologico e chimico sono in grado di alterare considerevolmente l'età radiocarbonica di un tessuto. Poiché la Sindone è certamente stata sottoposta a contaminazioni di tipo sia biologico (lo provano le microtracce ritrovate su di essa) sia chimico (in conseguenza dell'incendio patito a Chambéry), i suddetti risultati sperimentali meritano di essere attentamente studiati e verificati mediante la realizzazione di un ampio programma di ricerche e di nuovi esami che consentano di studiare e valutare il problema dell'introduzione di un opportuno fattore di correzione alla data radiocarbonica del tessuto sindonico. Si può pertanto concludere che la problematica connessa con la radiodatazione del tessuto sindonico è aperta e che i risultati degli esami del 1988, pur rappresentando un passo significativo ma assai controverso nella complessa vicenda scientifica e storica della Sindone, non possono essere considerati conclusivi. Gli ampi margini di incertezza, la mancanza di una precisa conoscenza del comportamento all'invecchiamento dei tessuti cellulosici conservati in condizioni storicamente non controllate suggeriscono una prudenza doverosa; è inoltre necessario effettuare uno studio serio, sistematico e multidisciplinare di tutti i complessi parametri capaci di dar luogo a reazioni e a modificazioni del sistema prima di emettere sentenze definitive. Una soluzione potrebbe essere l'utilizzo di metodi di datazione alternativi, come, ad esempio, quelli che sfruttano le alterazioni delle molecole della cellulosa che awengono, con il passar del tempo, a causa dell'aumento del livello di carbossilazione e di metilazione. Nel1978 Max Frei Sulzer effettuò sulla Sindone nuovi prelievi di granuli di polline che confermarono i risultati da lui già ottenuti negli anni precedenti circa la probabile permanenza della Sindone, oltre che in Europa, anche in Medio Oriente. Ricerche recenti, condotte anche da studiosi israeliani (Avinoam Danin e Uri Baruch ), hanno permesso la scoperta di altri tipi di piante, che sembrano confermare la suddetta ipotesi.
6.2. L'immagine Con <<immagine sindonica)) si intende identificare quelle zone della Sindone nelle quali è visibile l'immagine di un corpo umano in vista frontale e dorsale, zone che si differenziano nettamente dalle cosiddette <<zone ematiche)). L'immagine è priva di contorno e appare come quella di uno <<sfumato)). Inoltre contiene informazioni capaci di permettere una ricostruzione tridimensionale del corpo senza distorsioni. L'esame microscopico delle zone dove è presente l'immagine del corpo rivela che essa è dovuta ad un'alterazione del colore (ingiallimento) delle fibre superficiali dei fili di lino che la costituiscono. Le fibre costituenti i fili risultano colorate in giallo solo se sono poste (o se lo erano originariamente) sulla parte superiore del filo. Nelle zone di intersezione, ove il filo passa al di sotto degli altri, non si rileva alcuna colorazione. Tali osservazioni evidenziano l'estrema superficialità dell'immagine (dell'ordine del micrometro, cioè del millesimo di millimetro). Le variazioni dell'intensità di colore non risultano legate al grado di ingiallimento delle singole fibre ma al numero di fibre ingiallite per unità di superficie. Numerose sono state fino ad ora le ipotesi teoriche formulate al fine di spiegare la modalità con la quale si è formata l'immagine, così come numerosi sono stati i tentativi sperimentali per riprodurla con le tecniche più svariate. Negli anni Ottanta del XX secolo l'americano W alter McCrone sostenne che il colore dell'immagine è dovuto alla presenza di particelle di ossido di ferro idrato (rosso ocra, pigmento utilizzato dai pittori già nel XIV secolo); l'immagine sarebbe stata ottenuta utilizzando una particolare <<tempera)) applicata sul tela. Due sono le principali obiezioni a tale ipotesi: l) gli spettri di riflettanza delle zone portanti l'immagine sindonica sono diversi da quelli registrati per l'ossido di ferro e non è quindi possibile pensare che l'ossido di ferro concorra in modo significa rivo alla genesi dell'immagine poiché la luce è riflessa con caratteristiche spettrali diverse; 2) la presenza di legante proteico nelle zone della sola immagine (tipico dei coloranti e dei pigmenti) è stata fortemente contestata da }oh n Heller e Ala n Adler che non hanno riscontrato la presenza di proteine pur avendo utilizzato reazioni cromatiche capaci di evidenziarne bassissime concentrazioni. Gli spettri di fluorescenza in queste zone non sono in accordo con la presenza di proteine. Infatti queste sostanze sono fluorescenti mentre l'immagine non lo è. L'immagine corporea è stata anche studiata mediante spettroscopia infrarossa rilevando
Sindone Intera stesa, frontale e dorsale.
che il relativo profilo spettrale è simile a quello delle zone senza immagine ma che presenta un segnale più intenso a livello delle bande di assorbimento caratteristiche dei sistemi carbonili ci coniugati. L'immagine sembra pertanto dovuta ad un fenomeno di ossidazione e disidratazione delle fibre superficiali del lino più intenso rispetto alle altre zone e simile a quello presente nelle zone bruciate. La non fluorescenza dell'immagine impedisce di pensare ad una sua origine con un meccanismo dovuto al riscaldamento del tela, come ipotizzato dal medico italiano Vittorio Delfino Pesce negli anni Ottanta del XX secolo. L'osservazione microscopica a basso ingrandimento non rileva particelle sulle fibre. Viceversa a ingrandimenti più alti si riscontra la presenza di particelle <<rosse>> che, secondo McCrone, costituiscono il pigmento che è responsabile dell'origine dell'immagine. Viceversa, secondo i ricercatori dello STURP, queste particelle colorate: a) sono presenti solo occasionalmente e pertanto non possono essere responsabili della comparsa dell'immagine; b) sono in gran parte costi tu i te da materiale proveniente, per trasferimento meccanico, dai siti ematici a seguito delle operazioni di piegatura del lenzuolo effettuate per molti secoli; c) anche le zone non interessate all'immagine evidenziano tale sostanza; d) sottoponendo le fibre <<ingiallì te» a prove di solubilità e di estrazione con 21 tra solventi, acidi e basi, non è stato possibile decolorare le fibre; solo i riducenti molto forti le sbiancano.
Pertanto il complesso dei risultati sperimentali nonsupportanol'ipotesi del dipinto. Tali dati non sono neppure in accordo con l'ipotesi di un'origine dovuta al contatto del telo con un bassorilievo opportunamente riscaldato. Pertanto le ricostruzioni di immagini su telo effettuate da Delfino Pesce negli anni Ottanta dello scorso secolo e da Luigi Garlaschelli nel 2009 non sono coerenti con l'immagine sindonica.
Alcuni studiosi (in tempi recenti il francese Jean-Baptiste Rinaudo, gli italiani Mario Moroni e Francesco Barbesino e altri) hanno ipotizza to che l'immagine si sia potuta formare a causa dell'interazione con il tessuto di radiazioni di vario tipo: raggi ultravioletti molli, raggi laser, radiazioni nucleari, flussi di neutroni e di protoni, ecc. Tali radiazioni producono inoltre sui tessuti variazioni della quantità di C14e possono pertanto alterare i risultati di una radiodatazione. Un studio interessante è stato effettuato a partire dal 2005 presso il Centro ENEA di Frascati da un'équipe di ricercatori guidati da Paolo Di
Lazzaro. In tali esperimenti è stato dimostrato che un brevissimo ed intenso lampo di radiazione nel lontano ultravioletto (generato ad esempio da un laser ad eccimeri) può colorare un tessuto di lino in modo da riprodurre molte delle peculiari caratteristiche dell'immagine sindonica, come la tonalità del colore, l'estrema superficialità della colorazione, la mancanza di fluorescenza, l'assenza di colorazione al di sotto delle macchie ematiche, la relazione inversamente proporzionale tra intensità della colorazione e distanza tra sorgente e telo. Qgeste ricerche non risolvono certamente il problema dell'individuazione del modo in cui si può essere formata l'impronta, ma danno senza alcun dubbio un importante contributo nel migliorarne la conoscenza, poiché il loro risultato è senza dubbio il più simile alla colorazione dell'immagine sindonica che sia mai stato ottenuto sperimentalmente. Anche lo studio dell'elaborazione elettronica del volto ha avuto ulteriori sviluppi. Nel 1985 Giovanni Tamburelli e Nello Balossino riuscirono ad ottenere un'ulteriore immagine del volto privo delle ferite e delle colature di sangue utilizzando un filtro numerico bidimensionale di tipo adattivo e ricavando in tal modo il volto reale dell'uomo della Sindone. Nel1989 Tamburelli e Balossino effettuarono l'elaborazione elettronica in parallelo del volto dell'uomo della Sindone e di alcune icone del voi todi Gesù risalenti al primo millennio dell'era cristiana, evidenziando un altissimo numero di punti simili, tali da far ritenere molto probabile l'ipotesi che il volto dell'uomo della Sindone sia stato il prototipo dell'iconografia cristiana, almeno a partire dal VI secolo. Oltre alla possibile traccia di una moneta sull'occhio destro individuata da Tamburelli nel1978, anche altri studiosi hanno affermato di aver individuato su ingrandimenti di fotografie della Sindone tracce grafiche variamente disposte e collocate sul volto, sotto il mento, sulle gambe, a fianco dell'immagine, ecc. Qgeste tracce sono state interpretate come scritte in varie lingue (greco, latino, ebraico, aramaico) fatte direttamente sul te lo o trasferite su di esso con tecniche diverse. Altri hanno affermato di aver osservato anche tracce di petali e infiorescenze di fiori e altri oggetti vari (chiodo, spugna, canna, flagello, tenaglie, ecc.). Bisogna essere molto cauti nell'accettare tali presunte scoperte per evitare il rischio che si tratti di interpretazioni soggettive di segni casuali presenti sulle fotografie esaminate, tenendo anche conto che la maggior parte di tali studi sono stati fatti esaminando esclusivamente le fotografie scattate da Giuseppe Enrie nel1931 utilizzando lastre ortocromatiche che provocano una consistente perdita di informazioni dovuta alla trasformazione in bianchi o in neri di tutte le sfumature intermedie dei grigi.
6.3. Le macchie dì sangue Accanto all'immagine sindonica risaltano ad occhio nudo varie macchie tradizionalmente classificate come macchie di sangue o zone ematiche. Esse, a differenza dell'immagine, all'esame microscopico risultano costituite da un complesso sistema che ha penetrato le fibre verso l'interno: le fibre sono fra loro come cementate. Il colore varia da sito a sito da bruno, a rosso, fino all'arancio. Tale variabilità è da collegarsi alla presenza di miscele in fase solida di metaemoglobina (colorata in bruno) e di suoi prodotti di degradazione quali bilidiene e rubina (colorata in arancio). Lo spettro ultravioletto/visibile delle macchie ematiche è diverso da quello della figura, delle zone brucia te e del telo non i m presso ed esiste una buona concordanza tra i dati rilevati e lo spettro della meta emoglobina. Le fotografie in fluorescenza pongono in rilievo che le macchie di sangue si presentano come sistemi scuri, spesso circondati da un alone fluorescente. Il fenomeno è soprattutto visibile in corrispondenza della colatura di sangue del costato ed è probabilmente dovuto a zone marginali ove è presente solo siero che, per il suo contenuto proteico,è fluorescente; ciò conduce a ritenere tale sangue fuoriuscito da un cadavere e non da un uomo vivo. È importante notare che o ve è presente la macchia ematica non si rileva traccia di immagine sindonica. Si deve pertanto supporre che sul lenzuolo si sia depositato dapprima il materiale ematico e in un secondo tempo si sia poi formata l'immagine. Gli spettri infrarossi sono congruenti con quelli ottenibili da miscele di siero e bilirubina. Al contrario gli spettri ottenuti da miscele di pigmenti inorganici e legante proteico, la cui presenza è sostenuta da McCrone e Garlaschelli, non forniscono spettri concordanti con quelli registrati. Heller e Adler, mediante reazioni microchimiche, hanno confermato la presenza del ferro e del calcio e hanno escluso la presenza di una lunga serie di elementi che sistematicamente accompagnano i pigmenti inorganici, come
manganese, nichel, cobalto, alluminio, zinco, piombo, arsenico, antimonio, stagno e rame. Si è invece riscontrata la presenza dell'argento non nelle zone ematiche ma in vicinanza di bruciature. Si tratta probabilmente di una contaminazione dovuta all'incendio di Chambéry durante il quale l'argento costituente il coperchio del contenitore (opi ù probabilmente una sua lega fondente a bassa temperatura) per fusione cadde sulla Sindone e procurò i ben visibili danni. Per confermare l'origine ematica delle macchie sono state effettuate anche le ricerche delle reazioni dei sistemi proteici presenti nel siero: la ricerca di proteine è risultata positiva nelle zone <<ematiche)) e negativa nelle altre. In seguito agli esami effettuati su alcuni fili prelevati durante le indagini del 1978 Pierluigi Baima Bollane rilevò la presenza di sangue umano di tipo AB, mediante il metodo delle reazioni di immunofluorescenza specifica con antiglobuline umane.
7 .Le prospettive future di ricerca Dall'ultima raccolta di dati ad ampio spettro del1978 sono passa ti più di trent'anni e, ad eccezione del prelievo del campione di tessuto per la radiodatazione nel1988 e la rimozione delle toppe e la sostituzione del tela d'Olanda nel 2002, non vi sono stati altri interventi diretti sulla Sindone. Per lo sviluppo della ricerca sarebbe pertanto auspicabile una nuova raccolta di dati che, assumendo come punto di partenza i risultati delle analisi del 1978, permetta di avere a disposizione nuovi dati che permettano di fare concreti passi avanti nella conoscenza delle caratteristiche del tela e dell'immagine su di esso impressa. In questi ultimi dieci anni sono pervenute al Custode Pontificio della Sindone da scienziati di tutto il mondo nuove proposte e progetti di ricerca che sono stati sottoposti all'esame di una commissione internazionale di esperti, allo scopo di valutare la possibilità di avviare una nuova campagna coordinata di studi e di ricerche. Al momento attuale tutto il materiale raccolto (proposte di ricerca e relazioni della commissione di esperti) è stato consegnato alla Santa Sede, proprietaria della Sindone. Sarà la Santa Sede a decidere se e quando avviare una nuova campagna coordinata di ricerche dirette sulla Sindone. La nuova ed affascinante sfida che la Sindone lancia alla scienza per questo nuovo millennio è già iniziata.
1 - Il volto Il volto è una maschera di sangue per l e percosse ricevute. Anche i l setto nasale è deviato.
2 - Il capo Le ferite sulla fronte e sulla nuca sono state provocate da un casco di spine, quando il condannato era ancor a vivo.
3 - Ferita al costato La ferita. aperta da un colpo di l an d a per verificare la morte dell'uomo d eli a Si nd o ne, fece uscire abbondante sangue e siero.
4 - Gli avambracci l vi sto si rivo l i di sangue che sgorgano dalle ferite ai poi si scorrono sugli avambracci.
5 - Ferila al polso sinistro Un lungo chi od o da carpentiere ha forato i l polso da parte a parte per fissare il braccio sul palo orizzontale della croce.
6 - La scapola e la spalla Abrasione forse causata dallo sfi'egamento del braccio della croce che il condannato portò al luogo del supplizio.
7 - Colpi di flagello Sono presenti su tutti il corpo. Se ne contano oltre 120.
8 - Il piede destro Una Vistosa ferita causata da un grosso chiodo. Appoggiava direttamente sul palo verticale.
9 - Il piede sinistro Appoggiato sopra il piede destr ha lasciato i l segno del tallohe e della pianta e abbondanti versamenti di sangue.
10 - Le bruciature Buchi triangolari e linee carbonizzate per l'incendi o d i Chambéry del1532. Dal 2002 appaiono libere dalle toppe applicate nel1534 dalle monache.
11 - Le macchie d'acqua L'acqua, usata nel 1532 per spegnere le fiamme, ha lasciato degli aloni lmgo tutto il telo.
12 - Lesioni precedenti al 1532 Sono dovute ad una sostanza acida. la forma ad *l" sarebbe riconosdbile anche nella illustrazione del Codice Pray.
13 - Due prelievi In questa zona, nel 1973 e nel 1988, sono stati tolti frammenti di tessuto per analisi sdentifiche e la datazione col metodo del radiocarbonio.
14 - Parte mancante È scomparsa dall'antichità senza lasciare tracce.