Nietzsche, come si sa, scrisse ‘L'Anticristo’, ma non solo in quell'opera combatté violentemente Gesù e la sua dottrina. Eppure fu un rapporto di odi et amo. Si veda da che ardente misticismo Nietzsche partiva, a diciotto anni, nella lirica che riportiamo; si veda come nello stesso ‘Così parlò Zarathustra’, il suo giudizio su Gesù testimonii tutt'altro che disprezzo. Ricordiamo infine che è proprio nell’Anticristo che si legge uno dei massimi elogi di Gesù (“C'è stato un solo cristiano - ma è morto in croce”) e che, piombato nella notte della pazzia, Nietzsche firmava i suoi accesi messaggi ora come “Dioniso” ora come “Il crocifisso”.

 

NIETZSCHE FRIEDRICH WILHELM (1844-1900)

 

Tu hai chiamato

Tu hai chiamato:

Signore, accorro

Signore, accorro

e sosto

sui gradini del tuo trono.

Arso d'amore

mi brilla così affettuoso

e doloroso

il tuo sguardo nel cuore: Signore, vengo.

 

Ero perduto,

ebbro e barcollante,

sprofondato,

eletto all'inferno e al tormento,

tu stavi lontano:

il tuo sguardo indicibilmente

commovente

mi ha spesso colpito: ora vengo con gioia.

 

Sento orrore

dell'abisso tenebroso

del peccato,

e non voglio guardare indietro.

Non posso lasciarti,

nelle notti orrende,

triste

io guardo a te e ardo di abbracciarti.

Sei così dolce,

fedele e tutto amore

qui dentro il cuore,

cara immagine del Salvatore di chiunque ha peccato!

Sazia il mio desiderio

di immergere

ogni mio volere e desiderio

dentro il tuo amore, di aderir tutto a te.



Così parlò Zarathustra

“Ah, voi predicate la pazienza con le cose terrene? Ma sono queste cose terrene ad avere troppa azienza con voi, calunniatori!

In verità troppo presto morì quell'ebreo che i predicatori della morte lenta hanno in onore: e fu da llora per molti fatale che egli così presto morisse.

Ancora non conosceva che lacrime e la malinconia dell'ebreo, e l'odio dei buoni e dei giusti, l'ebreo Gesù, quando lo sorprese il desiderio della morte.

Fosse rimasto nel deserto e lontano dai buoni e dai giusti! Avrebbe forse imparato a vivere e ad amare la terra, ed anche a ridere!

Credetemi, miei fratelli! Troppo presto egli morì; avrebbe egli stesso rinnegate le proprie dottrine se fosse arrivato alla mia età! Era nobile abbastanza per rinnegarle!

Ma era ancora immaturo. Prematuramente il giovane ama, e prematuramente odia, l'uomo e la terra. Legate e pesanti sono ancora in lui l'anima e le ali dello spirito.

Più del giovane l'uomo adulto ha in sé del bambino, e meno ha tristezza: meglio s'intende di vita e di morte.

Libero per la morte e libero nella morte, un santo negatore della vita quando non è più tempo di dirle di sì: così si intende di vita e di morte.

Non sia il vostro morire un maledire l'uomo e la terra, amici miei: questo io chiedo al miele dell'anima vostra.

Nella vostra morte ardano ancora il vostro spirito e la vostra virtù come un tramonto che incendia la terra: o vi sarà mal riuscita la morte.

Così voglio io stesso morire, perché per amor mio, amici, amiate di più la terra; e in terra voglio tornare per trovare la mia pace in colei che m'ha generato.

In verità Zarathustra aveva una meta: lanciare la sua palla; ora, amici miei, siete voi gli eredi della mia mèta: a voi io passo la palla d'oro.

Vedervi rilanciare la palla d'oro, amici: questo, soprattutto, desidero! E per ciò mi trattengo ancora un poco sulla terra: perdonatemelo! ”

Così parlò Zarathustra.

 

OZ AMOS Gesù visto da un ebreo.

Dal “Corriere della Sera” 18 marzo 2000

Membri anziani della mia famiglia, esuli ebrei provenienti dall’Europa orientale, si voltano dall'altra parte quando passano davanti a una chiesa. Alcuni di loro s'irrigidiscono se vedono un crocefisso o sentono un rintocco di campane. Da bambino facevo molte domande su Gesù ma ricevevo poche risposte, date di malavoglia. Con le mie zie, i discorsi su Gesù e sul sesso suscitavano la stessa reazione: perché non parliamo d’altro? Un giorno, quando avevo 8 o 9 anni, ritornai a casa da scuola e dissi a mia nonna che Gesù era effettivamente ebreo. Pensai che avrebbe smentito e basta, invece il suo commento fu: “Vorrei che non lo fosse. Da migliaia di anni si dà la colpa a ogni ebreo per tutti i guai che Gesù si è così ansiosamente procurato”. Sono cresciuto nutrendo sentimenti confusi nei confronti di “loro” e “noi” e mi sono trovato a sostenere Gesù e gli ebrei, perché erano tra i perdenti, piuttosto che le zie e la Chiesa. Molti anni dopo, mi trovai accanto a due suore cattoliche in uno scompartimento di seconda classe su un treno. Trascorremmo il tempo a parlare del più e del meno e a un certo punto si scoprì che ero di Gerusalemme. Mentre lo dicevo, si scambiavano sguardi preoccupati. Poi, una di loro si rivolse a me imbarazzata: “Gerusalemme è piena di ebrei al giorno d'oggi, non è vero?”.