Anche in questa pagina dello scrittore e stratega inglese famoso come “Lawrence d'Arabia” - un orientalista, non certo un credente - risulta palese l'assoluta eccezionalità di Cristo e della sua rivoluzione nella storia del mondo.
LAWRENCE THOMAS EDWARD (1888-1935)
Il Cristianesimo mi sembrava il primo credo che proclamasse l'amore anche in quel mondo superiore dal quale il deserto ed i Semiti (da Mosè a Zenone) l'avevano tagliato fuori. Ed il Cristianesimo era una dottrina ibrida, non essenzialmente semitica se non nelle sue prime radici. La sua nascita galilea l'aveva salvato dalla sorte di essere un'altra delle innumerevoli rivelazioni semitiche. La Galilea era la provincia non semitica della Siria; i rapporti con essa erano ritenuti quasi peccato dagli ebrei ortodossi. Come Whitechapel rispetto a Londra, la Galilea giaceva staccata da Gerusalemme. Cristo ne scelse l'ambiente di libertà intellettuale per diffondervi il proprio verbo; non fra le capanne di fango di un villaggio siriaco, ma in strade lustre, tra fori e case ornate di colonne e bagni in stile rococò, prodotti di una civiltà greca intensa, anche se corrotta, e provinciale, e molto esotica.
I componenti di questa colonia di stranieri non erano Greci - perlomeno non in maggioranza - ma generalmente Levantini che scimmiottavano la cultura greca, e producevano in cambio (e quasi per vendetta) non il rigido e banale Ellenismo della Grecia fiaccata, ma un tropicale arabesco di idee contorte, dove il ritmico equilibrio dell'arte e dello spirito greco fioriva in nuove straordinarie forme, arricchite dai colori turgidi e appassionati dell'Oriente.
I poeti di Gadara, balbettanti i loro versi nella generale atmosfera di eccitazione, specchiavano nel loro ricorso ad una sfrenata voluttà la sensualità e il deluso fatalismo della loro epoca. E da questa mondanità la religiosità ascetica dei popoli semitici traeva forse la fiamma d'umanità e di vero amore che distinse la parola di Cristo, e la rese adatta a penetrare il cuore dell'Europa in un modo inaccessibile tanto al Giudaismo che all'lslamismo.
Poi il Cristianesimo ebbe la fortuna di imbattersi in altri architetti geniali e, nel suo passaggio attraverso epoche e climi, subì mutamenti incomparabilmente più grandi, di quelli del costante Giudaismo: dalle dotte astrazioni alessandrine alla prosa latina, per adeguarsi al continente europeo. Infine subì l'ultimo e più terribile passaggio, allorché divenne teutonico, arricchendosi di una sintesi formale per adattarsi alle nostre dispute nordiche. Il credo presbiteriano finì per rivelarsi così lontano dalle prime incarnazioni ortodosse della Cristianità, che, prima della guerra, eravamo arrivati ad inviare dei missionari per convincere i cristiani orientali, più malleabili, ad accettare la nostra visione di un Dio logico.