L'attesa del Cristo venturo; il primo saluto al Cristo nato: due momenti evangelici stupendamente espressi in questi due componimenti del poeta anglo-americano (premio Nobel 1948).
ELIOT THOMAS STEARNS (1888-1965) Canto di Simeone // Il viaggio dei Magi
Canto di Simeone
Signore, i giacinti romani fioriscono nei vasi
E il sole d'inverno rade i colli nevicati;
L'ostinata stagione si diffonde...
La mia vita leggera attende il vento di morte
Come piuma sul dorso della mano.
La polvere nel sole e il ricordo negli angoli
Attendono il vento che corre freddo alla terra deserta.
Accordaci la pace.
Molti anni camminai tra queste mura,
Serbai fede e digiuno, provvedetti
Ai poveri, ebbi e resi onori ed agi.
Nessuno fu respinto alla mia porta.
Chi penserà al mio tetto, dove vivranno i figli dei miei figli
Quando arriverà il giorno del dolore?
Prenderanno il sentiero delle capre, la tana delle volpi
Fuggendo i volti ignoti e le spade straniere.
Prima che tempo sia di corde verghe e lamenti
Dacci la pace tua.
Prima che sia la sosta nei monti desolati,
Prima che giunga l'ora di un materno dolore,
In quest'età di nascita di morte
Possa il Figliuolo, il Verbo non pronunciante ancora e impronunciato
Dar la consolazione d'Israele
A un uomo che ha ottant'anni e non ha domani.
Secondo la promessa.
Soffrirà chi Ti loda, a ogni generazione,
Tra gloria e scherno, luce sopra luce,
E la scala dei santi ascenderà.
Non martirio per me - estasi di pensiero e di preghiera –
Né la visione estrema.
Concedimi la pace.
(Ed una spada passerà il tuo cuore,
Anche il tuo cuore).
Sono stanco della mia vita e di quella di chi verrà.
Muoio della mia morte e di quella di chi poi morrà.
Fa' che il tuo servo partendo
Veda la tua salvezza.
Il viaggio dei Magi
“Fu un freddo avvento per noi,
Proprio il tempo peggiore dell'anno
Per un viaggio, per un lungo viaggio come questo:
Le vie fangose e la stagione rigida,
Nel cuore dell'inverno. ”
E i cammelli piagati, coi piedi sanguinanti, indocili,
Sdraiati nella neve che si scioglie.
Vi furono momenti in cui noi rimpiangemmo
I palazzi d'estate sui pendii, le terrazze,
E le fanciulle seriche che portano il sorbetto.
Poi i cammellieri che imprecavano e maledicevano
E disertavano, e volevano donne e liquori,
E i fuochi notturni s'estinguevano, mancavano ricoveri,
E le città ostili e i paesi nemici
Ed i villaggi sporchi e tutto a caro prezzo:
Ore difficili avemmo.
Preferimmo alla fine viaggiare di notte,
Dormendo solo a tratti,
Con le voci che cantavano agli orecchi, dicendo
Che questo era tutta follia.
Poi all'alba giungemmo a una valle più tepida,
Umida, sotto la linea della neve, tutta odorante di vegetazione;
Con un ruscello in corsa ed un molino ad acqua che batteva il buio,
E tre alberi contro il cielo basso,
E un vecchio cavallo bianco al galoppo sul prato.
Poi arrivammo a una taverna con l'architrave coperta di pampini,
Sei mani ad una porta aperta giocavano a dadi monete d'argento,
E piedi davano calci agli otri vuoti.
Ma non avemmo alcuna informazione, e cosi proseguimmo
Ed arrivati a sera non un solo momento troppo presto
Trovammo il posto; cosa soddisfacente voi direte.
Tutto questo fu molto tempo fa, ricordo,
E lo farei di nuovo, ma considerate
Questo considerate
Questo: ci trascinammo per tutta quella strada
Per una Nascita o per una Morte? Vi fu una Nascita, certo,
Ne avemmo- prova e non avemmo dubbio. Avevo visto nascita e morte.
Ma le avevo pensate differenti; per noi questa Nascita fu
Come un'aspra ed amara sofferenza, come la Morte, la nostra morte.
Tornammo ai nostri luoghi, ai nostri Regni,
Ma ormai non più tranquilli, nelle antiche leggi,
Fra un popolo straniero che è rimasto aggrappato ai propri idoli.
Io sarei lieto di un'altra morte.